Quarta Settimana – Venerdì – 11 Marzo
Dalla Parola del giorno Gv 7,1-2.10.25-30
Cercavano di arrestare Gesù, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora.
Venti anni fa, lavoravo come tassista per mantenermi. Una notte, dopo una chiamata, alle 2:30 AM, sono arrivato davanti ad un edificio buio tranne una piccola luce che s’intravedeva da una finestra al piano terra.
In tali circostanze, molti avrebbero solo suonato il clacson una o due volte, atteso un minuto e poi se ne sarebbero andati via. Ma ho visto troppe persone che dipendevano dal taxi come loro unico mezzo di trasporto.
Se non mi sembrava un pericolo, io andavo e citofonavo. Così sono andato a bussare alla porta.
“Un momento!”. Rispose una voce fragile che sembrava di una persona anziana. Ho sentito che trascinava qualcosa sul pavimento.
“Un momento!”. Rispose una voce fragile che sembrava di una persona anziana. Ho sentito che trascinava qualcosa sul pavimento.
Dopo una lunga pausa, la porta si aprì. Una piccola donna, più o meno 80enne si presentò davanti a me. Indossava un abito colorato e un grande cappello con il nastro di velluto appuntato su di esso, come una donna in un film anni ’40. Vicino aveva una piccola valigetta in plastica.
L’appartamento sembrava come se nessuno ci avesse vissuto per anni. Tutti i mobili erano coperti con delle lenzuola. Non c’era nemmeno un orologio, un soprammobile o utensili sugli scaffali. In un angolo c’era un quadro di cartone pieno di foto, protetto da un vetro.
“Può portare il mio bagaglio in macchina?”, disse lei.
Ho messo la valigia in macchina e poi sono tornato per prendere la donna. Mi prese per un braccio e ci incamminammo lentamente verso la macchina. Ha continuato a ringraziarmi per la gentilezza.
“Può portare il mio bagaglio in macchina?”, disse lei.
Ho messo la valigia in macchina e poi sono tornato per prendere la donna. Mi prese per un braccio e ci incamminammo lentamente verso la macchina. Ha continuato a ringraziarmi per la gentilezza.
“Niente di che, ho risposto, cerco di trattare i miei clienti nel modo in cui vorrei che fosse trattata mia madre”.
“Oh, sei un ragazzo così buono!”, ha detto.
Quando sono entrato in macchina, mi ha dato un indirizzo e mi ha chiesto: “Potrebbe guidare attraverso il centro?”
“Non è la via più breve”, risposi in fretta.
“Oh, non importa, disse lei. Non ho fretta. Sto andando in un centro anziani…”.
Ho guardato nello specchietto retrovisore. I suoi occhi brillavano.
“Oh, sei un ragazzo così buono!”, ha detto.
Quando sono entrato in macchina, mi ha dato un indirizzo e mi ha chiesto: “Potrebbe guidare attraverso il centro?”
“Non è la via più breve”, risposi in fretta.
“Oh, non importa, disse lei. Non ho fretta. Sto andando in un centro anziani…”.
Ho guardato nello specchietto retrovisore. I suoi occhi brillavano.
“Non ho più nessuno della mia famiglia, ha continuato, il medico dice che non ho molto tempo”.
In silenzio, ho cercato il tassametro e l’ho staccato.
“Quale tragitto vuole fare?”, ho chiesto.
Per le ore successive ho guidato attraverso la città.
Lei mi ha mostrato l’edificio dove una volta aveva lavorato come operatrice all’ascensore.
Ho guidato attraverso il quartiere dove lei e suo marito avevano vissuto appena sposati. Sono passato di fronte ad un deposito di mobili che un tempo era stato una sala da ballo in cui aveva l’abitudine di andare a ballare quando era una ragazza. Qualche volta mi chiedeva di fermarmi di fronte agli edifici o angoli di strada e stare con lei nel buio, contemplare in silenzio.
Con le prime luci dell’alba, improvvisamente mi disse: “Sono stanca… Andiamo”.
Ho guidato in silenzio verso l’indirizzo che mi aveva dato.
Era un edificio basso, una piccola casa con un vialetto che passava sotto un cancelletto. Due persone sono uscite fuori per accoglierci, appena arrivati. Erano molto attenti alla donna. Ho aperto il portabagagli e portato la piccola valigia alla porta. La donna era già seduta in una sedia a rotelle.
“Quanto ti devo”, ha chiesto mentre cercava il portafoglio.
“Niente”, ho risposto.
“Ma anche tu devi mantenerti”.
“Non preoccupatevi… ci sono altri passeggeri”, ho risposto. Quasi senza pensarci, mi chinai e gli diedi un abbraccio. Mi abbracciò fortissimo.
“Hai dato ad una vecchia un momento di gioia”, disse. “Grazie!”.
Gli strinsi la mano lasciandola nella luce del mattino.
Dietro di me, la porta si chiuse. Un rumore che chiudeva una vita. Non ho preso altri passeggeri in quel turno.
Ho guidato, perso nei miei pensieri. Per il resto della giornata, potevo malapena parlare.
Che cosa sarebbe successo se quella donna avesse trovato un autista arrabbiato, o uno che era impaziente di finire il suo turno? Cosa sarebbe stato se avessi rifiutato di prendere la chiamata, o suonare una volta, poi andato via?
“Quale tragitto vuole fare?”, ho chiesto.
Per le ore successive ho guidato attraverso la città.
Lei mi ha mostrato l’edificio dove una volta aveva lavorato come operatrice all’ascensore.
Ho guidato attraverso il quartiere dove lei e suo marito avevano vissuto appena sposati. Sono passato di fronte ad un deposito di mobili che un tempo era stato una sala da ballo in cui aveva l’abitudine di andare a ballare quando era una ragazza. Qualche volta mi chiedeva di fermarmi di fronte agli edifici o angoli di strada e stare con lei nel buio, contemplare in silenzio.
Con le prime luci dell’alba, improvvisamente mi disse: “Sono stanca… Andiamo”.
Ho guidato in silenzio verso l’indirizzo che mi aveva dato.
Era un edificio basso, una piccola casa con un vialetto che passava sotto un cancelletto. Due persone sono uscite fuori per accoglierci, appena arrivati. Erano molto attenti alla donna. Ho aperto il portabagagli e portato la piccola valigia alla porta. La donna era già seduta in una sedia a rotelle.
“Quanto ti devo”, ha chiesto mentre cercava il portafoglio.
“Niente”, ho risposto.
“Ma anche tu devi mantenerti”.
“Non preoccupatevi… ci sono altri passeggeri”, ho risposto. Quasi senza pensarci, mi chinai e gli diedi un abbraccio. Mi abbracciò fortissimo.
“Hai dato ad una vecchia un momento di gioia”, disse. “Grazie!”.
Gli strinsi la mano lasciandola nella luce del mattino.
Dietro di me, la porta si chiuse. Un rumore che chiudeva una vita. Non ho preso altri passeggeri in quel turno.
Ho guidato, perso nei miei pensieri. Per il resto della giornata, potevo malapena parlare.
Che cosa sarebbe successo se quella donna avesse trovato un autista arrabbiato, o uno che era impaziente di finire il suo turno? Cosa sarebbe stato se avessi rifiutato di prendere la chiamata, o suonare una volta, poi andato via?
Guardando indietro penso di non aver fatto niente di più importante nella mia vita.
Siamo tentati di pensare che le nostre vite ruotano attorno ad alcuni grandi momenti, ma spesso questi grandi momenti ci colgono di sorpresa, ben avvolti in quello che gli altri considererebbero banale.
Siamo tentati di pensare che le nostre vite ruotano attorno ad alcuni grandi momenti, ma spesso questi grandi momenti ci colgono di sorpresa, ben avvolti in quello che gli altri considererebbero banale.
Questa vita può non essere la festa che si spera, ma mentre siamo qui dobbiamo ballare.
Ogni mattina, quando apro gli occhi, dico: Oggi è un giorno speciale!
Ricordatevi di questo, amici miei: non si può mai tornare indietro…
Tratta le persone come vorresti essere trattato te
Ricordatevi di questo, amici miei: non si può mai tornare indietro…
Tratta le persone come vorresti essere trattato te
“La fede è fare spazio a questo amore di Dio, è fare spazio alla potenza, al potere di Dio ma non al potere di uno che è molto potente, al potere di uno che mi ama, che è innamorato di me e che vuole la gioia con me. Questa è la fede. Questo è credere: è fare spazio al Signore perché venga e mi cambi” (Papa Francesco)