Nella prima metà del 1800, a nord di Torino, vicino ai prati di Valdocco, sorgeva solitaria la fabbrica d’armi del Piemonte. Lì, nel 1837, nacque Michele Rua. Aveva poco più di sette anni, Michele, quando un giorno vide al collo di un suo compagno una cravatta fiammante.
– Dove l'hai comprata?
– L'ho guadagnata alla lotteria dell'Oratorio.
– E che cos'è l'Oratorio?
– È l'Oratorio di don Bosco, al Rifugio.
La domenica dopo, Michele corse al Rifugio e vide molti giovani giocare su una striscia di terra attorno a un giovane prete. Quel prete si avvicinò anche a lui, gli mise la mano sul capo, e gli disse alcune buone parole che «gli andarono al cuore».
Erano gli anni dell'Oratorio migrante, da un ospedale a un mulino, da un cimitero ad un prato. I torinesi guardavano quel prete circondato da tanto chiasso e scuotevano la testa.
In quel tempo, Michele cominciò a frequentare le scuole elementari a Porta Palazzo. Don Bosco vi si recava sovente a confessare, a predicare e anche a fare il catechismo. I ragazzi, appena lo vedevano, gli si affollavano intorno. Michele non amava spingersi tra gli altri, ma sorrideva da lontano a don Bosco, e si sentiva pieno d'allegria, quando don Bosco lo guardava e sorrideva anche lui. Andando o tornando da scuola, Michele incontrava qualche volta don Bosco.
Un giorno gli corse incontro con gioia, gli baciò la mano e gli domandò:
– Me la dà un'immagine?
Don Bosco, come se non avesse sentito, gli mise sorridendo la sua berretta da prete in testa, gli porse la palma sinistra della mano, e con la destra fece un gesto come per tagliarla a metà:
– Prendi, Michelino – gli disse- prendi!
Michelino rimaneva sconcertato. Stringeva quella mano e pensava:
– Che vorrà dire?
Il 3 ottobre 1852, durante la gita che i migliori giovani dell’Oratorio facevano ogni anno ai Becchi per la festa della Madonna del Rosario, Don Bosco gli fece indossare l’abito ecclesiastico. Michele aveva 15 anni. La sera, tornando a Torino, Michele vinse la timidezza e parlò con Don Bosco.
«Si ricorda dei nostri primi incontri? Io le chiesi una medaglia e lei fece un gesto strano, come se volesse tagliarsi la mano e darmela, e mi disse: ‘Noi due faremo tutto a metà. Che cosa voleva dire?». E lui: «Ma caro Michele, non l’hai ancora capito? Eppure è chiarissimo. Più andrai avanti negli anni e meglio comprenderai che io volevo dirti: nella vita noi due faremo sempre a metà. Dolori, cure, responsabilità, gioie e tutto il resto saranno per noi in comune».
Michele rimase in silenzio, pieno di silenziosa felicità: Don Bosco, con parole semplici, l’aveva fatto suo erede universale.